Con la bricolla in spalla

Per la gita di quest’anno abbiamo scelto il tema molto complesso del contrabbando che interessò il commercio tra la Val d’Ossola e la vicina Svizzera. E’ un argomento che non può essere raccontato in poche righe per cui, per un approfondimento, rimandiamo ai libri ed ai siti internet indicati in bibliografia

            Quando si parla di contrabbando vengono in mente subito gli ingenti quantitativi di droga e altre merci che ormai con una certa frequenza sono sequestrati dalle nostre Forze dell’Ordine. Polizia, Carabinieri, e Guardia di Finanza sono continuamente messi alla prova per indovinare e scoprire i più fantasiosi metodi adottati dalla malavita per il trasporto, l’importazione e la distribuzione sul suolo italiano di ogni tipo di articoli. Noi però vogliamo parlare, seppur brevemente, di un altro tipo di contrabbando, di un contrabbando che in un certo senso possiamo definire “più genuino”, un contrabbando che alcuni scrittori definiscono “romantico” e che per la gente di montagna a volte era l’unica alternativa all’emigrazione o alla fame. Dobbiamo aggiungere che proprio i contrabbandieri, come i cacciatori e i cercatori di cristalli, con la loro conoscenza delle montagne hanno dato un importante aiuto nella conquista delle Alpi, e più recentemente, durante la Seconda Guerra mondiale, hanno aiutato i partigiani nella loro lotta per la liberazione, in più sempre in quel periodo non pochi sono stati gli ebrei ed i perseguitati politici a fuggire in Svizzera affidandosi alla loro perfetta conoscenza della montagna degli spalloni. Questo fenomeno interessò le zone di confine lungo tutte le Alpi, ma noi prenderemo in considerazione la Valdossola proprio per la sua vicinanza alla nostra valle, senza però dimenticare che anche la Valsesia è stata interessata dal fenomeno.

Uno dei primi episodi conosciuti, risale al lontanissimo 1757: 44 donne provenienti dalla valle Onsernone (valle ticinese che confina con la Val Vigezzo) furono fermate dagli agenti  di frontiera mentre cercavano di portare in Italia circa 10.000 cappelli di paglia: dove li nascondessero non è riportato nella notizia. Uno dei primi episodi conosciuti, risale al lontanissimo 1757: 44 donne provenienti dalla valle Onsernone (valle ticinese che confina con la Val Vigezzo) furono fermate dagli agenti  di frontiera mentre cercavano di portare in Italia circa 10.000 cappelli di paglia: dove li nascondessero non è riportato nella notizia. monumento al contabbandiere a Gondo.jpg (628794 byte)

Quello degli “sfrosit” era un  mondo con una propria etica ma anche con parecchi contrasti: sovente i contrabbandieri e le guardie incaricate della sorveglianza del confine si trovavano nella stessa osteria prima di “andare al lavoro”, e  poteva capitare che le guardie, ben sapendo quali erano le motivazioni che portavano i loro concittadini a fare un viaggio tra le montagne, quando scoprivano gli spalloni attraversare il confine, chiudessero un occhio limitandosi a sequestrare una parte della merce e segnalando sul rapporto che era stata confiscata ad ignoti.  A volte erano gli sfrosit a “consegnare” alla Finanza una piccola parte del carico, ma solo per salvarne una ben più grande, però gli scontri, a volte molto cruenti, erano all’ordine del giorno.  Al Passo d’Antigine che collega la Valle di Saas a quella di Macugnaga il 6  ottobre 1962 un colpo sparato involontariamente da una guardia pose fine alla vita di un contrabbandiere della Valle Anzasca: l’ultima vittima ufficiale del contrabbando, anzi di questo tipo di contrabbando perchè dopo è stato l’inizio della fine di un mondo che sotto certi aspetti era “pulito”, un mondo  dove gli spalloni lavoravano per bisogno, e non certamente per arricchirsi come fece e fa tuttora la criminalità organizzata.  Era comunque una realtà dalle mille sfaccettature dove contrabbandieri, popolazione, guardie di finanza erano, a secondo delle circostanze, amici, nemici,  complici.

A partire dalla nostra confinante Valle Anzasca risalendo le Alpi Lepontine fino al passo di Gries e canale di Gondo percorso di notte.jpg (669197 byte) scendendo fino ad arrivare alle sponde del lago Maggiore a sud della valle Vigezzo e della Val Cannobina, sono attualmente censiti ben 36 tra colli e canaloni di confine frequentati, alcuni con maggiore assiduità altri più raramente, dai contrabbandieri. Tra di questi spicca senz’altro il canalone sopra Gondo  ben visibile dai tornanti appena dopo il paesino elvetico da chi transita sulla strada che conduce   verso il passo del Sempione. Attualmente questo canale, attrezzato nella parte alta con tronchi di larice sui quali sono infissi dei pioli di metallo e con alcuni tratti di corde fisse per agevolare il passaggio, è percorso in discesa da chi ha scalato la vicina parete rocciosa, chiamata “La Sentinella” e presenta alcuni passaggi di 2° grado ed uno di 3° grado di difficoltà: possiamo solo indovinare l’arditezza di chi lo percorreva in salita con in spalle  una  bricolla di 30/40 kg, di notte e senza la minima luce! Eppure passavano di lì perché, a fronte dei rischi della scalata, il canale ritenuto  impercorribile al buio, era sorvegliato dalle guardie solo di giorno e quindi proprio al buio offriva le migliori garanzie di passaggio. Un altro dei passi  più significativi è senz’altro il Passo Mondelli situato tra  la valle Anzasca e la Valle di Saas poco distante dal più famoso Passo di Monte Moro: preso a rappresentanza di questo fenomeno, ogni anno il 17 agosto vi si tiene la Festa del Contrabbandiere alla memoria di tutti gli spalloni caduti  in montagna e alla quale partecipano decine e decine di persone.

    Si possono distinguere tre periodi che prendono il nome dalle merci più richieste: così abbiamo il periodo del caffè che grossomodo comprende la seconda metà dell’ottocento fino al primo dopoguerra, quello del riso che comprende gli anni dal 1943 al 1946 ed il terzo delle sigarette che è durato dagli anni ’50 fino a poco dopo gli anni ’60. Queste date sono però puramente indicative.

            In alcuni paesi di montagna quasi tutta la popolazione era a vario titolo coinvolta in questo traffico, spesse volte anche i bambini: è del 1896 la notizia che al confine di Iselle, a causa della sua strana andatura, venne fermata una bambina di 10 anni che nascondeva nelle scarpe 750 grammi di caffè.

Alpe Paione

            I viaggi erano effettuati durante tutto l’anno e in inverno le valanghe  e le cadute a causa di lastroni di ghiaccio aumentavano i rischi degli sfrosit che ricorrevano all’aiuto di ramponi, racchette da neve ed alcune volte anche degli sci. Nel rapporto di un ufficiale al comando del IV Circondario Svizzero, risulta che nel 1935 tra il lago Maggiore e il passo di Nufenen sul versante italiano del confine erano schierate ben 579 tra guardie di finanza e militi confinari e su quello svizzero 159 guardie doganali.

            Questa sorveglianza, attuata nel tempo da un numero di persone che cambiava in seguito alle vicende politiche di Italia e Svizzera, portò a moltissimi arresti; prendendo in considerazione il decennio tra il 1964 ed il 1973, durante il quale il fenomeno iniziò un lento e progressivo declino,  ecco quante sono state in Valdossola le persone giudicate per contrabbando:

1964: 138;    1965: 121;   1966: 179;    1967: 140;   1968: 131;

1969: 69;      1970: 97;     1971: 79;      1972: 39;     1973: 27.

Abbiamo parlato di tre periodi che prendevano il nome dal tipo di merce trasportata: caffè, riso, e sigarette, ma nelle bricolle si trovavano anche saccarina, dadi, cioccolata, zucchero, orologi, tabacco sfuso,  cartine per sigarette, pietre focaie (prima) e accendini (poi), sale, scarpe, liquori,  stoffe, lana, calze di nylon, gomme per biciclette, copertoni per auto e quant’altro veniva richiesto sul mercato di entrambe le nazioni.

 Nei primi giorni di novembre del 1914 otto contrabbandieri perirono durante una tormenta in territorio svizzero nel pressi della Bocchetta di Gattascosa meta toccata dalla gita di oggi: l’ultimo fu ritrovato solo in tarda primavera. Furono tutti seppelliti nel piccolo cimitero di Gondo e le cronache dell’epoca riportarono che la tragedia aveva colpito alcune persone che, momentaneamente senza lavoro, si erano recate a Gondo per procurarsi della merce per uso personale. Questo perché affermare che una persona era contrabbandiere poteva procurare molti guai non solo a lui ma pure alla famiglia. Le famiglie dei travolti ricevettero dagli altri contrabbandieri del gruppo che erano riusciti a portare a termine il viaggio, il ricavato della vendita delle bricolle. Casi di solidarietà sono da registrare anche tra  guardie e spalloni: spesse volte, gli uni aiutavano gli altri a recuperare i corpi dei morti e dei feriti, come ad esempio successe nel 1941 quando i contrabbandieri parteciparono alle ricerche per trovare i corpi di tre finanzieri travolti da una valanga nel pressi del monte Ziccher in Val Vigezzo.

Il passo di monscera salendo alla lariè.jpg (617512 byte)

Comunque anche allora la fantasia aiutava molto: ad esempio un autista di ambulanza dell’ospedale di Domodossola ogni tanto partiva a sirene spiegate in direzione della Svizzera. La finanza si accorse del sotterfugio perché controllando i ricoveri all’ospedale scoprì che non sempre ad un uscita dell’automezzo corrispondeva il ricovero di un ammalato. 

Tralasciando quelli inerenti l’andare in montagna, i rischi a cui andavano incontro gli sfrosit erano nel migliore dei casi, oltre al sequestro delle merci, sei giorni di galera  e una salatissima multa che poteva variare dal doppio fino a dieci volte il valore della merce sequestrata, nonché durante i periodi bellici l’arruolamento forzato. Chi non aveva i soldi per pagare la multa scontava un  ulteriore giorno di carcere ogni 10 lire di multa. Se erano in due potevano rischiare 6 mesi di prigionia per espatrio clandestino,  che salivano a cinque anni nei casi recidivi e quando  erano prese più di tre persone. Con il loro  lavoro rischioso però gli spalloni diedero da mangiare a migliaia di persone che altrimenti non avrebbero avuto di che sfamarsi.

Un contrabbandiere poteva agire da solo o in comitiva. Famosa è la figura del “Negus” al secolo Bartolomeo Pietro Margaroli, nato a Mozzio nel 1888. Iniziò a contrabbandare nei primissimi anni del 1900, e negli anni trenta arrivò a dare lavoro a decine e decine di contrabbandieri. Processato più volte, pagò multe salate e passò anche parecchio tempo in carcere. L’abilità con cui portava avanti i propri affari gli procurò il rispetto della Guardia di Finanza e della Milizia Confinaria. Erminio Ferrari, nel suo libro citato in bibliografia, così scrive di lui”….. Il contrabbando per il Negus, fu soprattutto una passione: le tonnellate di caffè e di riso che fece passare dai valichi vigezzini non lo arricchirono; semmai sfamarono molti spalloni che si rivolgevano a lui per poter fare un viaggio….” Passò i suoi ultimi anni facendo il contadino in Val Vigezzo  e tra le persone che gli portarono l’Estremo Saluto erano presenti anche due Guardie di Finanza in divisa.

Perché finì il contrabbando? Perché con l’aumento della quotazione del franco svizzero, cessò la convenienza del comprare e rivendere; perché era più facile trovare altri tipi di lavoro meno rischiosi e con guadagni più regolari; perché era terminata un’epoca ed il cambiamento sopraggiunto non era più dettato dalla necessità di viaggiare per poter immettere sul mercato merci altrimenti di difficile reperibilità e utili alla vita di tutti i giorni, ma era dettata dalla voglia di fare quanti più soldi possibile nel minor tempo possibile. Perché… perché…. Ci ha particolarmente colpito la risposta data ad Erminio Ferrari da uno dei protagonisti del suo libro “… non volevo accettare di dover andare in giro con la rivoltella in tasca e diventare un ladro o un assassino….” Parole confermate da un altro personaggio del libro che afferma “…..Ho piantato lì quando il contrabbando è finito in mano alla delinquenza. Non c’era più bisogno di farlo, c’era solo la brama dei soldi facili…”

            Cosa rimane di questo periodo?  Il ricordo di tanta fame in meno, tante avventure in montagna. Forse in qualcuno un po’ di nostalgia come trapela dalla risposta che un ex spallone ha dato a Ferrari “….Guarda, certe albe, certi colori, certe atmosfere di quegli anni sono impagabili. Non li dimenticherò mai.”

A testimonianza dell’importanza di quest’epoca ormai inesorabilmente e irreparabilmente tramontata rimane un passo del Contrabbandiere, nei pressi della Punta d’Arbola così chiamato da Riccardo Gerla perché quando nel 1900 vi transitò per la prima volta (????) vi incontrò un contrabbandiere, un Pizzo Zucchero (m. 2321) affiancato da un Pizzo Caffè (m 2352)  che sono due torrioni rocciosi nei pressi del Passo delle Balmelle (m 2309) vicino alla Punta Valgrande nel contrafforte del Monte Leone, e un altro Pizzo Zucchero (m 1899) che si trova tra la Valle Onsernone e la Valle Vergeletto.

 

Alpe Balmelle con il Pizzo Zucchero ed il Pizzo Caffè

Per saperne di più

Libri:

* Contrabbandieri : Uomini e bricolle tra Ossola, Ticino e Vallese di Erminio Ferrari - Verbania: Tararà Edizioni, 2000 - pag. 229  Il più approfondito saggio sull’argomento. 

* Passavano di là di Erminio Ferrari – Bellinzona: Casagrande Edizioni, 2002 - pag.109  Romanzo

Nel sole zingaro : storie di contrabbandieri di Benito Mazzi – Lampi di stampa, 1999 – pag.160

 

Il mercato editoriale offre molti altri saggi sull’argomento specialmente riguardanti la zona del lago di Como.

 

Articoli su riviste e libri:

* I sentieri del contrabbando di Paolo Crosa Lenz in Le rive n. 4/2001

* Val d’Ossola : puniti dalla valanga di Erminio Ferrari in Rivista della montagna  n.245/2001

* Uomini e bricolle di Erminio Ferrari in Piemonte Parchi n. 121/2002

* I contabbandieri in: La vita quotidiana in Valle Cannobina nell’ultimo secolo, di Cirillo Bergamaschi Verbania : Alberti Libraio Editore, 1997 – pag.214

 

Siti internet:

www.smsdomodossola.it /7/contrabb.htm

http.//web.tiscali.it/valdivedro/altemola.htm?

www.tarara.it/recensioni/contrabbandierion-line2.htm

www.regione.piemonte.it/parchi/rivista/riv/speciali/ott_03/genti.htm

 

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