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L'ESCURSIONISTA
CURIOSO
16
giugno 2002
II° gita:
RUDERI DELLA DIGA DEL GLENO
(Val di Scalve - BG -)
Nella prima metà del
secolo scorso sorsero in molte vallate alpine dei nuovi
cantieri edili adibiti alla costruzione di dighe che
dovevano soddisfare la continua richiesta di energia
elettrica da parte delle nascenti industrie.
La storia di questa diga iniziò nel 1907 quando venne
chiesta la concessione di derivazione del Nembro e del
Povo per 250 litri di acqua al secondo. Questo progetto
prevedeva un bacino di raccolta alla piana del Gleno. Tra
vicende alterne giunse il 1920 quando vennero iniziati i
lavori per le fondamenta della diga. Il progetto
prevedeva la costruzione di una diga a gravità per una
capienza totale di 3.900.000 metri cubi di acqua. Il 27
luglio di quello stesso anno la ditta che ebbe in appalto
i lavori chiese un ampliamento dell'utilizzo del bacino.
I
ruderi della diga visti da monte
(cliccare sulle foto per ingrandirle)
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Nel
settembre di quell'anno venne recapitata alla Prefettura
di Bergamo una cartolina anonima, spedita da Dezzo (località
composta da due nuclei abitati - Dezzo di Colere e Dezzo
di Azzone - attraversati dal torrente omonimo ed abitato
da circa 500 persone). Era una denuncia secondo cui la
ditta appaltatrice veniva accusata di utilizzare nella
costruzione della diga calcina invece di cemento creando
così un grave pericolo per tutta la valle sottostante.
La Prefettura trasmise la cartolina al Genio Civile i cui
ispettori recatisi sul posto, prelevarono alcuni campioni
di calce senza però sottoporli ad esame. Nel 1921
all'inizio dell'anno il Genio Civile richiese il progetto
esecutivo che nonostante l'inizio dei lavori non era
ancora stato consegnato. Nel frattempo si pensò di
abbandonare il progetto originale a favore di uno nuovo
che prevedeva la costruzione di una diga ad archi. I
lavori andarono avanti e già dal sopralluogo che il
Genio Civile effettuò il 12 agosto 1921 risultò il
cambiamento del progetto. Nel novembre dello stesso anno
il Genio Civile informò il Ministero del Lavori Pubblici
di aver approvato la variazione del progetto, ed il
Ministero nel gennaio del 1922 richiese un progetto
integrativo. In un alternarsi di vicissitudini varie tra
le quali anche una diffida da parte del Ministero dei LL.PP.
a continuare i lavori e l'ingiunzione a presentare subito
i progetti di variazione della costruzione della diga, si
arrivò al 1923, quando venne finalmente presentato il
progetto completo. Nel maggio mancavano ancora 8/10 metri
per completare la costruzione. Il 22 ottobre per la prima
volta la diga si riempì completamente in seguito alle
forti pioggie. |
Dove la diga è
squarciata, un cippo ricorda i 356 morti
Più di 10 metri cubi al secondo
si scaricavano dagli sfiatatoi e l'acqua sbatteva con
violenza contro i piloni di fondovalle iniziando ad
asportare del materiale e aumentando le perdite della
diga che già da qualche tempo si registravano. La
situazione andò peggiorando di giorno in giorno, finchè
alle 6,30 della mattina del 1 dicembre 1923 avvenne il
crollo. Si seppe poi che delle assi erano state messe a
coprire gli sfiatatoi per aumentare il livello dell'acqua
presente nella diga, e portandolo ad un volume stimato
tra i 5 ed i 6.000.000 di metri cubi.
Nella sua folle corsa l'enorme massa di acqua, fango,
sassi, legna e detriti vari si riversò giù per la
valle, distruggendo tutto ciò che trovava sul suo
percorso. La prima ad essere travolta era stata la
centrale elettrica di Bueggio con la chiesa parrocchiale,
il campanile, il cimitero e due case, poi toccò a Dezzo
di Colere. Qui la distruzione fu completa, più nulla
esisteva del paesino dove ancora fino a pochi minuti
prima le persone erano intente nelle solite faccende
mattutine. Non più case, non più la bellissima chiesa.
Dezzo di Azzone fu in parte risparmiato grazie ad un
gigantesco masso erratico situato al centro del torrente
e che riparò parecchie case e la chiesa. Nella sua folle
corsa la massa d'acqua travolse tutto ciò che trovava
sul suo cammino. Quando tutto finì i danni erano
incalcolabili : dopo giorni di ricera furono trovate le
ultime delle 356 vittine di cui 209 erano di Dezzo di
Colere, molti corpi erano irriconoscibili, intere
famiglie erano scomparse. Centinaia di posti di lavoro
non esistevano più perchè la valanga d'acqua aveva
portato via le fabbriche, le centrali, le fonderie. Non
c'era più luce, nè possibilità di collegamenti tra i
paesi di fondovalle perchè interi tratti di stada e
farrovia erano stati spazzati via.
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Ecco come si presentano
oggi i lati dello squarcio: sembra un foglio di carta velina. |
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Durante l'istruttoria si seppe
che i materiali utilizzati per la costruzione erano scadenti, ma
che gli operai che osavano fare le proprie rimostranze venivano
licenziati in tronco. Si seppe anche che la diga veniva riempita
mano a mano che veniva costruita, senza aspettare che i muri si
asciugassero. Si seppe che il guardiano già da tempo aveva informato la
direzione dei lavori che la diga presentava delle infiltrazioni di acqua che
aumentavano sempre di più.
Molto ci sarebbe ancora da dire
su questo tragico fatto. Per chi ne volesse sapere di più
consigliamo la lettura del seguente libro:
Il disastro del Gleno, di Giacomo
Sebastiano Pedersoli, pag. 373, numerose illustrazioni
dell'epoca, Edizioni Toroselle 1998
Itinerario
Giunti in Val di Scalve valicando o il colle
della Presolana o percorrendo la strada di fondovalle che sale da Boario
Terme, si seguono le indicazioni per Teveno, e qui giunti si sale alla frazione
di Pianezza ove si lascia l'auto. Si attraversano le prime case in tufo e, a
destra inizia un sentiero ben segnato (segnavia) che ben presto si fa
ripido, in 45 minuti circa si raggiunge un muro in cemento che nasconde la
condotta ove scorreva l'acqua che usciva dal lago. Ora il sentiero si fa
decisamente pianeggiante e, offrendo sovente dei bellissimi colpi d'occhio sulla
valle, in circa 15 minuti raggiunge la diga.
Il rientro può essere effettuato per lo stesso itinerario, oppure, disponendo di
due auto, può avvenire scendendo a Nona. In questo caso si attraversa la diga
fino allo squarcio e, lasciandola sulla destra, si prende un sentiero in discesa
che presto diventa mulattiera. Questo era il sentiero utilizzato dagli operai
durante la costruzione della diga. Presto si arriva ad un bivio: a sinistra il
sentiero più largo porta a Bueggio, mentre quello a destra, più stretto, con un
lungo mezzacosta ci conduce a Nona.
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